E' più importante il percorso (vissuto) o la meta (cambiamento)? Vi riporto, quali esempi di vissuto, alcuni brani tratti dal libro Persecutori e Vittime. Alcuni tra coloro che capitano in questo blog potranno riconoscersi nello spaesamento e in una certa misura, nella sofferenza descritta in questo libro.
"Alfonso è latinoamericano, e vive in Francia da vent'anni. [omissis] La moglie e i figli non sanno niente dell'inferno che sta passando. Lui nasconde, dissimula, ma, dentro, sta cedendo. Chi gli sta intorno comincia a trovarlo irascibile; non riesce più a giocare con i bambini senza spazientirsi. Del resto, non ha più tempo di parlare con la moglie, di interessarsi dei figli, è ossessionato dal corso e da altre immagini che, dopo vent'anni, credeva di aver dimenticato. Ha consultato un medico generico che, dopo avergli prescritto calmanti, sonniferi e antidepressivi che non hanno sortito alcun effetto, lo ha indirizzato alla psicoterapia.
Al primo appuntamento Alfonso sfoggia un abito impeccabile, è brillante e intelligente. Denuncia dei disturbi della memoria, e mi parla del suo passato e degli anni di detenzione come se riguardassero un altro. Lui stesso afferma che "è acqua passata", e che si è rivolto a me per quello che gli sta capitando adesso. Desidera un "sostegno pedagogico" perché, dice, "il pensiero gli sfugge". Lo lascio parlare, anche se sono piena di rabbia, non contro di lui ma contro quello che ci impedisce di andare oltre, di "parlare chiaro". Devo agire contro quello che sento come un "parassita" tra noi. Lo interrompo nel mezzo di una frase che è come se arrivasse da molto lontano, chiedendogli:
"Mi faccia delle domande!".
Sorpreso, si blocca e mi chiede:
"A lei?".
"Sì, a me."
"Su che cosa?"
"Su qualsiasi cosa... qualsiasi cosa che lei vorrebbe sapere di me."
Alfonso sospira, cambia posizione nella sua poltrona, accende una sigaretta, guarda davanti a sé, poi fissa gli occhi sul tavolino che ci separa e sorride. All'inizio, non gli stacco gli occhi di dosso. Non mi muovo, aspetto. Poi il mio sguardo si perde nel vuoto. Dietro di lui c'è una finestra. Vedo che fuori fa freddo. Bevo un sorso di caffè senza zucchero, lo aspetto.
"Lei è psicologa, giusto?"
"Esatto."
"Dove ha studiato? È lunga, psicologia?"
Parliamo del corso di studi, delle materie insegnate. Alfonso fa dei commenti, è interessato alla psicopatologia degli adulti, a chi insegna quella materia all'università. Chi sono? E gli studenti di psicologia, chi sono? Il tempo passa, affrontiamo la questione della formazione dei terapeuti, come viene pensata (o meno) durante il percorso universitario francese. Alfonso si interroga su quello che gli studenti possono fare con tutto quello che imparano di psicologia. "La porta è aperta a tutti," dice.
Sì. Chi cura può anche uccidere.
"O fare impazzire. È la stessa cosa..." Improvvisamente Alfonso smette di parlare. Se ne va con la mente da qualche altra parte.
"È quello che lei ha vissuto in Cile, vero?"
Alfonso si lascia sfuggire un risolino sarcastico e disincantato. Si raddrizza nella poltrona, e per la prima volta durante la seduta allunga le gambe. Sembra lasciar intendere di conoscere bene l'argomento.
Solo allora racconta della sua diffidenza verso psicologi e psichiatri. Durante gli interrogatori, Alfonso è stato ipnotizzato da uno psicologo. Non sa che cosa ha detto sotto ipnosi, né che cosa gli è stato detto. Come hanno fatto per sottrarlo al suo stato di vigilanza? Non riesce a capacitarsene. Dopo quei fatti, non si fida più di nessuno, soprattutto delle persone a cui, d'un tratto, potrebbe sentirsi vicino. Tuttavia, gli piace molto discutere delle cose umane, e la psicologia lo interessa parecchio. Le sedute con Alfonso da quel giorno assunsero la forma di discussioni intellettuali, in cui si mescolavano esperienza personale e riflessioni sul mondo e i suoi abitanti. Alfonso voleva capire, non si stancava di analizzare il pensiero di quanti mettono le proprie competenze al servizio del potere.
Lo schema terapeutico è cosa negoziabile. Alfonso, senza saperlo, era rimasto vent'anni con questo tarlo sempre vivo nel suo intimo. In coincidenza con una situazione che gli aveva ricordato quell'esperienza, il processo che era stato costretto a subire si era riattivato. È impensabile che qualcuno che sia stato deliberatamente sottoposto a un processo di influenza possa accomodarsi con completa fiducia all'interno di un quadro simile." (pagg.52-54)
I link rimandano a siti commerciali (non perdetevi nella scelta tra l'uno o l'altro). Consiglio la lettura (ad alta voce se necessario):
Françoise Sironi
Persecutori e vittime
Feltrinelli Editore, 2001